Nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili.

dsc00602(Praga, Malastrana).

Viviamo nell’incapacità di scrollarci di dosso quel che è crollato, quel che ci ha tagliato la pelle lasciando abrasioni senza, tuttavia, andare via.
Siamo traiettoria di gesti, parole, silenzi, speranze e illusioni, rispetto ai quali tutti non riusciamo a fare opera di discernimento, stabilendo quel che può rimanere sulla via che siamo e quel che non deve avere più spazio.

C’era un tetto a Praga, sotto la mia finestra, che dava su un bel viale alberato, colorato di foglie gialle e arancio e disseminato di panchine bianche. Quello che mi ha colpito, però, è stato il coro di tegole arrivate a incastrarsi sotto la grondaia, in un’architettura scomposta, disordinata ma, al contempo, perfetta.
E, così, ho guardato da dove fossero cadute, dove fossero gli spazi (ora vuoti) in cui prima erano adagiate.
Non c’erano; tutte le caselline di questo tetto erano coperte. E loro stavano lì.

Mi sono sembrate sole. E ho pensato che, effettivamente, se nessuno si era preso la briga di sporgersi, afferrarle e ri-piazzarle da dove si erano scostate, scollate e cadute, non sarebbe potuto essere diversamente. Insomma, senza l’altrui gesto, non si sarebbero mai potute riprendere il loro posto: e quindi eccole lì, in bilico, fragili. Non essenziali, ma un in più.

Gli esseri umani non sono tegole, però. Succede che quel che si scosta dalla vita di un altro, quello che violentemente se ne va, non richiede sempre e solo di essere ri-afferrato e riposizionato lì dove era. Perché questo è violenza. La stessa violenza che, però, diventa necessaria quando quel che è crollato va tirato via, per lasciare spazio ad altro, a sassolini che se tiro giù dal tetto devono potersi incastrare nel tubo della grondaia e fare ‘clonk‘, senza essere ostacolati da queste tegole.

Non so che ne farei di queste tegole. Forse nulla, ma non riuscirei a buttarle; al più, ad abbandonarle.
In un film di Virzì (“La pazza gioia”), alla domanda “Ma dove sta la felicità?“, si risponde “Nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili“.
Così, se oggi mi chiedessero “Ma dove sta la tristezza?”, risponderei: “Nelle tegole in più su un tetto riempito”.

 

Lascia un commento